Genga: luogo quieto e pieno di storie

Genga: luogo quieto e pieno di storie

IL TERRITORIO DEL COMUNE È COME UN PICCOLO SCRIGNO, CHE CUSTODISCE ELEMENTI STORICI E NATURALI
Madre Natura ha elargito tutto in poche manciate di territorio. A iniziare dalla folta vegetazione in cui dominano pini, cipressi, abeti, aceri, faggi, querce, noci, castagni, acacie, tigli, pioppi, alberi di Giuda, prugnoli, biancospini.
Specie rare come l’Ephedra major e la Moeringia papulosa completano questo giardino spontaneo a cielo aperto che comprende anche la riserva naturale Valle Scappuccia, area floristica protetta. Un verde cammino costeggiato da torrenti e fossi.

LA VIA DELL’ACQUA
L’acqua, essenza vitale e bene tra i più preziosi della terra, è onnipresente soprattutto come creatrice di opere irripetibili: le Grotte di Frasassi, l’antro che ospita il Tempio del Valadier, le sorgenti sulfuree e minerali, i gorghi, le cascatelle e i “bugliori”. Artefice di tante meraviglie è il fiume Sentino che compie questi prodigi mentre percorre la Gola di Frasassi, con le acque che scorrono limpide e calme, o fangose e vorticose, a volte contrastate dalle rocce calcaree dei monti che lo contengono, il monte Frasassi e il monte Valmontagnana.

Nelle vicinanze delle Terme di Frasassi, il Sentino si unisce al fiume Esi dando origine al fiume Esino, artefice a sua volta della Gola della Rossa e della vallata omonima, fertile e ricca di storia, con Abbazie ancora presenti fino al mare.
Montagne e colline, spesso aspre e rudi, formano un mondo fiabesco, ambiente unico e affascinante protetto dal Parco della Gola di Frasassi e della Rossa. Da sempre, l’uomo ha trovato in questa oasi il luogo ideale per sopravvivere agli eventi naturali e alle invasioni nemiche. Il Museo di San Vittore custodisce fossili e testimonianze storiche: il famoso Ittiosauro, reperti del Paleolitico, alcuni resti delle urne cinerarie della Necropoli del Pianello di Genga.

Alcuni anni fa, nella Grotta del Santuario della Madonna di Frasassi, venne rinvenuta una Venere paleolitica, pezzo rarissimo, conservato nel Museo Archeologico di Ancona, mentre la copia si trova nel Museo Arte Storia Territorio di Genga. Grotte, anfratti, gole sono stati luoghi di amori, fughe romantiche, eremi e pellegrinaggi.
Luoghi incontaminati, fonte di meditazione e guarigioni, anche spirituali, che hanno ispirato leggende dove Sacro e profano si mescolano e dove il rapporto mistico con la natura sembra rendere l’uomo più vicino a Dio.
Testimonianza ne è il Tempio romano dedicato al Dio vincitore, oggi Abbazia di San Vittore.
L’Eremo Infra-Saxa nella Grotta del Santuario della Madonna di Frasassi, il Castello Petroso di Pierosara, l’Antico Borgo di San Vittore e i probabili resti delle terme romane nelle vicinanze della sorgente dell’acqua sulfurea: sono monumenti millenari ancora intatti.

È rimasta, invece, la leggenda del luogo, probabilmente situato sotto il ponte romano, dove viveva la Ninfa che proteggeva le donne che andavano a lavare i panni sulla riva sinistra del fiume, dove oggi è presente un moderno lavatoio.
Dopo la Battaglia di Sentinum, nel 295 a.C., i romani dominarono la zona fra i Galli Senoni, gli Umbri e i Sanniti per il predominio del territorio. Poi, nell’Alto Medioevo, seguirono le invasioni dei Franchi, dei Bizantini e dei Longobardi, periodo in cui sorsero castelli, monasteri e conventi e anche l’attuale Pierosara. Documenti storici attestano la sua origine come Castrum Petrosum prima dell’anno 1000.
Grazie alla posizione strategica, che dominava le due vallate del Sentino e dell’Esino fino al territorio Fabrianese, i Longobardi vi stabilirono il loro Gastaldato, zona di confine tra la Pentapoli bizantina ed il Ducato di Spoleto.

LA VIA DEL PANE
Grazie alla posizione del luogo, alla composizione favorevole del terreno e al microclima, intorno al Castello Petroso si sviluppò l’economia dei cereali, della vite e dei pascoli ovini.

Gli autoctoni del castello, detti “Mercantoni”, per macinare il loro raccolto, dovevano recarsi al Mulino dell’Abbazia, sulla riva destra del Sentino. Per farlo, percorrevano un sentiero nella “selva” più corto e accessibile verso l’Abbazia di San Vittore. Potremmo chiamarla la “Via del Pane” perché collegava la zona della produzione dei cereali con la zona del mulino nell’Abbazia di San Vittore. Lungo la via si trovavano piazzali dove si allestivano le “Cotte”, le odierne carbonaie. Erano luoghi di coesione sociale, di scambi di idee e di affari.

I viandanti vi trovavano tutto per ristorarsi: l’acqua del fosso, le noci, le castagne, i frutti selvatici, le calde e croccanti cresce preparate sulle cotte contenenti formaggio ed erbe spontanee, arrosti fumanti, il tutto annaffiato con un buon bicchiere di vino tipico dei colli del castello.
Oggi, purtroppo, le coltivazioni della vite e del grano intorno al Castello Petroso sono limitate: se un tempo i contadini si avventuravano nei campi scoscesi ed angusti con l’aiuto degli animali, oggi questi terrenti impervi impediscono l’utilizzo delle attrezzature moderne.
Nel corso dei secoli è cambiato anche il nome del castello che da Petroso è diventato Pierosara in memoria di due giovani del luogo, Piero e Sara, e del loro tragico amore, contrastato dal Signore del Castello di Revellone.
Ma questa è un’altra storia… Un’altra bella storia che vi racconteremo nel prossimo numero.

a cura di Maria Scarabotti

Articolo dalla rivista “Terme di Frasassi” n.2

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